SANZIONI
AMMINISTRATIVE
Omessa
o non idonea informativa per trattamenti che non contengono dati
sensibili:
da 3.000,00 a 18.000,00 Euro.
Tale somma può essere
triplicata se , in ragione delle condizioni economiche del
contravventore, risulta inefficace. Può essere applicata la sanzione
accessoria della pubblicazione dell'ordinanza ingiunzione su uno o
più giornali indicati nel provvedimento sanzionatorio.
Omessa
o non idonea informativa per trattamenti che contengono dati sensibili:
da 5.000,00 a 30.000,00 Euro.
Tale somma può essere triplicata se, in
ragione delle condizioni economiche del contravventore, risulta
inefficace. Può essere applicata la sanzione accessoria della
pubblicazione dell'ordinanza ingiunzione su uno o più giornali
indicati nel provvedimento sanzionatorio.
Illegittima
cessione di dati:
da 5.000,00 a 30.000,00 Euro.
Può essere applicata
la sanzione accessoria della pubblicazione dell'ordinanza ingiunzione
su uno o più giornali indicati nel provvedimento sanzionatorio.
Violazione
delle prescrizioni in ordine alla comunicazione di dati in ambito
sanitario:
da 500,00 a 3.000,00 Euro.
E' prevista la sanzione
accessoria della pubblicazione dell'ordinanza ingiunzione su uno o
più giornali indicati nel provvedimento sanzionatorio.
Omessa
o incompleta notificazione:
da 10.000,00 a 60.000,00 Euro.
Può essere
applicata la sanzione accessoria della pubblicazione dell'ordinanza
ingiunzione su uno o più giornali indicati nel provvedimento
sanzionatorio.
Omessa
informazione o esibizione di documenti al garante:
da 4.000,00 a
24.000,00 Euro.
Può essere applicata la sanzione accessoria della
pubblicazione dell'ordinanza ingiunzione su uno o più giornali
indicati nel provvedimento sanzionatorio.
SANZIONI PENALI
Trattamento da parte di soggetti pubblici per scopi non istituzionali:
Se il trattamento causa un danno: reclusione da 6 a 18 mesi.
Se il trattamento è effettuato in violazione delle regole in ordine
alla comunicazione e alla diffusione: reclusione da 6 a 24 mesi.
Violazione da parte di un soggetto pubblico delle regole di
comunicazione dei dati personali comuni:
Se il trattamento causa un
danno: reclusione da 6 a 18 mesi.
Se il trattamento è effettuato in
violazione delle regole in ordine alla comunicazione e alla
diffusione: reclusione da 6 a 24 mesi.
Trattamento
di dati senza il prescritto consenso: Se
il trattamento causa un danno: reclusione da 6 a 18 mesi. Se
il trattamento è effettuato in violazione delle regole in ordine alla
comunicazione e alla diffusione: reclusione da 6 a 24 mesi.
Violazione
delle regole di trattamento imposte ai gestori dei servizi di
comunicazione elettronica:
Se
il trattamento causa un danno: reclusione da 6 a 18 mesi.
Se
il trattamento è effettuato in violazione delle regole in ordine alla
comunicazione e alla diffusione: reclusione da 6 a 24 mesi.
Violazione
dei divieti di comunicazione e diffusione: Se
il trattamento causa un danno: reclusione da 1 a 3 anni. Trattamento
di dati sensibili o giudiziari in violazione delle garanzie
specificamente previste: Se
il trattamento causa un danno: reclusione da 1 a 3 anni. Violazione
dei divieti di trasferimento dei dati all'estero: Reclusione
da 1 a 3 anni. False
dichiarazioni e notificazioni rese al Garante: Reclusione
da 6 mesi a 3 anni. Omessa
adozione delle misure minime di sicurezza: Reclusione
fino a 2 anni o ammenda da 10.000,00 a 50.000,00 Euro. Nel
caso di violazione degli obblighi relativi all'adozione delle misure
minime di sicurezza, all'autore del reato viene concesso un termine
entro il quale può regolarizzare la propria posizione. Se la
regolarizzazione avviene nei 60 giorni successivi alla scadenza del
termine il trasgressore è ammesso a pagare una sanzione pari al
quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la violazione (12.500,00
Euro). Inosservanza
del provvedimento del Garante: Reclusione
da 3 mesi a 2 anni. Inosservanza
dello statuto dei lavoratori: Ammenda
da 51,65 Euro a 516,50 Euro o arresto da 15 giorni ad 1 anno.
DANNI
CAGIONATI ALL'INTERESSATO
Non è l'interessato a dover provare il danno ma colui che l'ha
provocato a dover provare di aver fatto tutto il possibile per
evitarlo - risarcibile il danno non patrimoniale - pagano il titolare
ed il responsabile art. 15 "danni cagionati per effetto del
trattamento 1) chiunque cagiona danno ad altri per effetto del
trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'art.
2050 del Codice Civile. 2) il danno non patrimoniale è risarcibile
anche in caso di violazione dell'art. 11. L'art. 2050 del Codice
Civile parla di "attività pericolosa" (elevata
potenzialità di danno, per la natura dell'attività o dei mezzi di
lavoro utilizzati). Il trattamento dati viene dunque qualificato come
esercizio di attività pericolosa. Da questa qualificazione deriva
un'importante conseguenza circa l'onere della prova. Solitamente chi
si ritiene danneggiato da un fatto illecito, deve provare la
responsabilità di colui che ha commesso il fatto. Nell'ipotesi
regolata dall'art. 2050 è sancito invece il "principio
dell'inversione dell'onere della prova". Sulla base di questo
principio il danneggiato deve provare solo il fatto storico, mentre
colui che effettua il trattamento, e che quindi ha causato il fatto
dannoso, ai fini liberatori, deve dimostrare di aver adottato tutte le
misure idonee per evitarlo. La prova è particolarmente rigorosa, in
quanto non è sufficiente la sola dimostrazione, in negativo, di non
aver commesso alcuna violazione della legge o delle regole di comune
prudenza, ma è necessaria la prova positiva di aver impiegato ogni
cura o misura atta ad impedire l'evento dannoso. (N.B. E' risarcibile
anche il danno non patrimoniale)
RESPONSABILITA'
CIVILE E PENALE Aspetti
di responsabilità penale Così
recita l'art. 169 del TESTO UNICO PRIVACY:
Omessa
adozione di misure necessarie alla sicurezza dei dati
1)
Chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime
previste dall'art. 33 è punito con l'arresto fino a 2 anni o con
l'ammenda da 10.000,00 a 50.000,00 Euro. 2)
All'autore del reato all'atto dell'accertamento o, nei casi complessi,
anche con successivo atto del Garante, è impartita una prescrizione
fissando un termine per la regolarizzazione non eccedente il periodo
di tempo tecnicamente necessario, prorogabile in caso di particolare
complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento e comunque
non superiore a 6 mesi. Nei 60 giorni successivi allo scadere del
termine, se risulta l'adempimento alla prescrizione, l'autore del
reato è ammesso dal Garante a pagare una somma pari al quarto del
massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione. L'adempimento e
il pagamento estinguono il reato. L'organo che impartisce la
prescrizione e il pubblico ministero provvedono nei modi di cui agli
articoli 21, 22, 23 e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.
758, e successive modificazioni, in quanto applicabili. Aspetti
di responsabilità civile art.
2050 del Codice Civile. Il
TESTO UNICO PRIVACY qualifica il trattamento dei dati come attività
pericolosa, art. 2050 c.c. E' prevista pertanto una inversione
dell'onere della prova nell'azione risarcitoria ex articolo 2043 c.c.:
l'operatore è tenuto a fornire la prova di avere applicato le misure
tecniche di sicurezza più idonee a garantire la sicurezza dei dati
detenuti. A livello pratico questo significa che l'azienda, il
professionista, la Pubblica Amministrazione ecc., per evitare ogni
responsabilità deve dimostrare di aver adottato "tutte le misure
idonee ad evitare il danno", e quindi di aver messo in essere
tutte le misure di sicurezza al meglio possibile (la miglior
tecnologia disponibile). Il che non è affatto facile da dimostrare... Art.
2049 del codice Civile. In
generale poi a carico dell'azienda risulta comunque la
responsabilità, ovvero la responsabilità prevista in capo a padroni
e committenti. L'art. 2049 difatti recita: "padroni e committenti
sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro
domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze cui sono
adibiti" Legge
n. 547 / 1993. Crimini
informatici commessi da dipendenti ed addebitabili all'azienda. La
legge 547/93 ha introdotto nel nostro ordinamento vari "crimini
informatici", ovvero l'attentato a impianti informatici di
pubblica utilità, falsificazione di documenti informatici, accesso
abusivo ad un sistema informatico o telematico, detenzione e
diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o
telematici, diffusione di programmi diretti a danneggiare o
interrompere un sistema informatico, violazione di corrispondenza
telematica, intercettazione di e-mail, danneggiamento di sistemi
informatici o telematici (...). Il datore di lavoro rischia di essere
ritenuto in concorso con il dipendente a lui subordinato che ha
commesso il crimine informatico, per non aver posto in essere tutte le
misure di prevenzione e controllo idonee a garantire la sicurezza del
trattamento dei dati. La mancata adozione di tutte le misure idonee a
ridurre al minimo i rischi, viene considerata difatti un'agevolazione
alla commissione del crimine. CHI
E' TENUTO AL RISARCIMENTO? I
soggetti tenuti al risarcimento dei danni causati dal trattamento dei
dati personali, sono il "titolare"
(ossia colui "cui competono le decisioni in ordine alle finalità
del trattamento" e "della sicurezza") ed il "responsabile"
(ossia colui che è preposto dal titolare al trattamento dei dati,
avendo "esperienza, capacità ed affidabilità" tale da
fornire "idonea garanzia del pieno rispetto delle disposizioni di
legge in materia di trattamento, ivi compreso il profilo relativo alla
sicurezza").
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